Olevano Romano
Olevano Romano è un comune italiano di 6 614 abitanti della città metropolitana di Roma Capitale nel Lazio. Dista circa 45 km dalla Capitale.
L'abitato si erge sul monte Celeste, ai margini del complesso montuoso prenestino-lepino-ernico, nella provincia di Roma. Con un’altitudine di 571 m.s.l.m.
I comuni confinanti sono 6: Bellegra, Genazzano, Paliano (FR), Roiate, San Vito Romano, Serrone (FR).
Fonte: Wikipedia
L'abitato si erge sul monte Celeste, ai margini del complesso montuoso prenestino-lepino-ernico, nella provincia di Roma. Con un’altitudine di 571 m.s.l.m.
I comuni confinanti sono 6: Bellegra, Genazzano, Paliano (FR), Roiate, San Vito Romano, Serrone (FR).
Fonte: Wikipedia
Cosa visitare intorno a Olevano.
Grotte dell'arco

Sono le uniche grotte che si trovano a Bellegra nella provincia di Roma e, per il loro sviluppo in lunghezza e per l'ampiezza di alcune sue grandi sale, rappresentano una delle più importanti manifestazioni carsiche ipogee presenti nella Regione Lazio.
Da questo piccolo bacino e da un suo emissario sotterraneo si è originato un fenomeno di carsismo naturale appunto “le Grotte dell'Arco”, lunghe quasi 1.000 m. ed estese per 34 ettari.
Le Grotte dell'Arco sono ricche di stalattiti, stalagmiti, inghiottitoi e camere per l'osservazione della fauna di grotta in particolare chirotteri, anfibi e ancora micro e mesofauna tipica di tale strutture.
Nella Grotta inoltre è presente una colonia di pipistrelli che sono sotto protezione della Regione Lazio per la particolarità della specie. Sono denominate “Grotte dell'Arco” perché ad una trentina di metri più a valle della sua entrata, si trova un arco naturale di pietra
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Fonte:
Da questo piccolo bacino e da un suo emissario sotterraneo si è originato un fenomeno di carsismo naturale appunto “le Grotte dell'Arco”, lunghe quasi 1.000 m. ed estese per 34 ettari.
Le Grotte dell'Arco sono ricche di stalattiti, stalagmiti, inghiottitoi e camere per l'osservazione della fauna di grotta in particolare chirotteri, anfibi e ancora micro e mesofauna tipica di tale strutture.
Nella Grotta inoltre è presente una colonia di pipistrelli che sono sotto protezione della Regione Lazio per la particolarità della specie. Sono denominate “Grotte dell'Arco” perché ad una trentina di metri più a valle della sua entrata, si trova un arco naturale di pietra
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Castello Colonna

A nord, su di una collina tufacea, il Castello Colonna domina su Genazzano in tutta la sua maestosità e splendore.
La sua storia è legata, come testimonia il suo stesso nome, alla famiglia Colonna che nel corso del tempo, di generazione in generazione, grazie ad ampliamenti, trasformazioni, opere di abbellimento, resero il Castello da semplice fortezza difensiva a residenza padronale di grande rilievo artistico e architettonico.
Il primo documento che riguarda il castello Genazzano risale al 10 agosto 1022 ed è un atto di donazione per la badia di Subiaco.
Già nel 1053 passa alla famiglia Colonna che vi installa la prima struttura solo nel Medioevo, intorno al 1227, per adibirlo ad avamposto difensivo. La fortezza infatti è posta a nord e presenta due torri per meglio difendere il luogo da eventuali attacchi nemici.
Soltanto nel periodo rinascimentale la fortezza viene trasformata in residenza personale della famiglia, grazie ai lavori intrapresi da Filippo Colonna, principe del paese.
Oddone Colonna che nacque a Genazzano alla fine del 1300 e che divenne poi Papa nel 1417 con il nome di Martino V, fece restaurare la parte ovest del castello per adibirla a sua residenza.
Le cornici in marmo delle finestre, i camini e i sedili in marmo delle sale di rappresentanza si contrappongono agli elementi in travertino del versante est del castello, l' "ala borgiana"; Infatti tra il 1500 e il 1503 il castello fu posseduto dalla famiglia Borgia che contribuì ad opere di fortificazione nella parte orientale di esso.
Nel 1503 il feudo fu assegnato a Pompeo Colonna (probabile committente del Ninfeo), che contributi alla sistemazione del portico nel cortile : il secondo livello del portico è infatti cinquecentesco con i suoi archi a tutto sesto, i capitelli e basi in stile dorico, mentre si può ritenere che il terzo livello sia stato aggiunto nel 1639 dal cardinale Girolamo Colonna. Questi contribuì alla realizzazione degli affreschi della cappella situata al primo piano, nell'ala est, raffiguranti squarci di paesaggi e scene sacre.
Nel cortile si trovano un pozzo ed una fontana ottogonali, anch'essi del periodo rinascimentale voluti da Filippo Colonna e che ricevevano l'acqua dall'acquedotto romano, i cui resti permangono ancora nell'attuale giardino comunale, una volta parco privato della famiglia, concesso poi in affitto come terreno agricolo nel 1800.
L'accesso al Castello un tempo era consentito anche al popolo che poteva rifugiarsi in caso di attacco ed usarlo come luogo di scambi commerciali durante il giorno. Ma nel XVIII secolo, la costruzione della balaustra a chiudere a sud il cortile, ne impedì l'accesso al castello da parte dei cittadini.
Nonostante battaglie medievali e numerosi assedi il castello giunge incolume fino al 1915, quando un terremoto con epicentro ad Avezzano ne provoca i primi dissesti.
Nel 1943, una squadriglia della RAF, per distruggere i forni allestiti dentro il castello dall'esercito tedesco che riforniva Cassino provocò notevoli crolli.
Nell'immediato dopo guerra il Genio civile, demolendo completamente il vecchio ponte e ricostruendolo ad unica campata in cemento armato, operò la sua prima sostituzione edilizia.
Dopo 40 anni di abbandono, nel 1979, il Castello è stato acquistato dal Comune di Genazzano che diede vita ai primi lavori di ristrutturazione.
Oggi il Castello torna a dominare in tutta la sua maestosità sfoggiando il vestito di un tempo con i suoi originali colori e la sua notevole architettura. Divenuto Centro Internazionale d'Arte Contemporanea, nei suoi spazi sono state ospitate prestigiose mostre: Cucchi, Pizzicannella, la collezione Tonelli, si sono articolate nei 3000 mq di superficie suddivisa in più di 20 sale.
Il Castello è dotato di una serie di servizi quali biblioteca specializzata, archivio storico, sala conferenze, servizio visite guidate, laboratori didattici, tecnologia multimediale, videoteca, biblioteca digitale e cartacea, punti ristoro e vendita.
Fonte: https://www.genazzano.org/comune/castello-colonna/132
La sua storia è legata, come testimonia il suo stesso nome, alla famiglia Colonna che nel corso del tempo, di generazione in generazione, grazie ad ampliamenti, trasformazioni, opere di abbellimento, resero il Castello da semplice fortezza difensiva a residenza padronale di grande rilievo artistico e architettonico.
Il primo documento che riguarda il castello Genazzano risale al 10 agosto 1022 ed è un atto di donazione per la badia di Subiaco.
Già nel 1053 passa alla famiglia Colonna che vi installa la prima struttura solo nel Medioevo, intorno al 1227, per adibirlo ad avamposto difensivo. La fortezza infatti è posta a nord e presenta due torri per meglio difendere il luogo da eventuali attacchi nemici.
Soltanto nel periodo rinascimentale la fortezza viene trasformata in residenza personale della famiglia, grazie ai lavori intrapresi da Filippo Colonna, principe del paese.
Oddone Colonna che nacque a Genazzano alla fine del 1300 e che divenne poi Papa nel 1417 con il nome di Martino V, fece restaurare la parte ovest del castello per adibirla a sua residenza.
Le cornici in marmo delle finestre, i camini e i sedili in marmo delle sale di rappresentanza si contrappongono agli elementi in travertino del versante est del castello, l' "ala borgiana"; Infatti tra il 1500 e il 1503 il castello fu posseduto dalla famiglia Borgia che contribuì ad opere di fortificazione nella parte orientale di esso.
Nel 1503 il feudo fu assegnato a Pompeo Colonna (probabile committente del Ninfeo), che contributi alla sistemazione del portico nel cortile : il secondo livello del portico è infatti cinquecentesco con i suoi archi a tutto sesto, i capitelli e basi in stile dorico, mentre si può ritenere che il terzo livello sia stato aggiunto nel 1639 dal cardinale Girolamo Colonna. Questi contribuì alla realizzazione degli affreschi della cappella situata al primo piano, nell'ala est, raffiguranti squarci di paesaggi e scene sacre.
Nel cortile si trovano un pozzo ed una fontana ottogonali, anch'essi del periodo rinascimentale voluti da Filippo Colonna e che ricevevano l'acqua dall'acquedotto romano, i cui resti permangono ancora nell'attuale giardino comunale, una volta parco privato della famiglia, concesso poi in affitto come terreno agricolo nel 1800.
L'accesso al Castello un tempo era consentito anche al popolo che poteva rifugiarsi in caso di attacco ed usarlo come luogo di scambi commerciali durante il giorno. Ma nel XVIII secolo, la costruzione della balaustra a chiudere a sud il cortile, ne impedì l'accesso al castello da parte dei cittadini.
Nonostante battaglie medievali e numerosi assedi il castello giunge incolume fino al 1915, quando un terremoto con epicentro ad Avezzano ne provoca i primi dissesti.
Nel 1943, una squadriglia della RAF, per distruggere i forni allestiti dentro il castello dall'esercito tedesco che riforniva Cassino provocò notevoli crolli.
Nell'immediato dopo guerra il Genio civile, demolendo completamente il vecchio ponte e ricostruendolo ad unica campata in cemento armato, operò la sua prima sostituzione edilizia.
Dopo 40 anni di abbandono, nel 1979, il Castello è stato acquistato dal Comune di Genazzano che diede vita ai primi lavori di ristrutturazione.
Oggi il Castello torna a dominare in tutta la sua maestosità sfoggiando il vestito di un tempo con i suoi originali colori e la sua notevole architettura. Divenuto Centro Internazionale d'Arte Contemporanea, nei suoi spazi sono state ospitate prestigiose mostre: Cucchi, Pizzicannella, la collezione Tonelli, si sono articolate nei 3000 mq di superficie suddivisa in più di 20 sale.
Il Castello è dotato di una serie di servizi quali biblioteca specializzata, archivio storico, sala conferenze, servizio visite guidate, laboratori didattici, tecnologia multimediale, videoteca, biblioteca digitale e cartacea, punti ristoro e vendita.
Fonte: https://www.genazzano.org/comune/castello-colonna/132
Il ninfeo Bramante

Tra i monumenti più affascinanti di Genazzano vi è il “Ninfeo”. All’inizio del Cinquecento, i Colonna concepirono l'idea di realizzare un giardino nella valle di Soglia, dove avevano proprietà di diretto dominio e dove scorreva il Fossato, fiancheggiante la via pubblica che da Genazzano conduceva fino a Paliano.
Nel giardino erano presenti un lago e un Ninfeo. Sono stati infatti individuati quattro gradoni che avrebbero articolato il lago in più specchi d'acqua su tre livelli; il primo si trova all'altezza del Ponticello sul Fossato, a monte del Ninfeo, il secondo e il terzo all'altezza dei fianchi del Ninfeo, il quarto corrisponde alla diga esistente a sud del Ninfeo, nominata nei documenti come Muro Lungo.
Il "Ninfeo" vero e proprio consiste in un casino con facciata a loggia di tre campate, aperta verso la valletta e absidata sui due lati corti.
Dietro al portico si estende in parallelo un ambiente rialzato costituito da tre vani rettangolari voltati a crociera, le cui pareti sono articolate da nicchie circolari e rettangolari, il vano centrale è absidato. Sul fianco nord di questo ambiente si trova una stanza ottagona che presenta grandi nicchie disposte diagonalmente, con sedili al loro interno che consentivano di riposare godendo del fresco ombroso e dei getti d'acqua restando all'asciutto, e una vasca d’acqua circolare al centro. L'alimentazione doveva essere garantita da una sorgente vicina. Ai lati del corpo centrale della fabbrica ci sono due stanze quadrate con due rispettivi ambienti retrostanti.
L'accesso alla loggia era frontale mediante una scala e la loggia fungeva da vestibolo; dietro si aprono i tre ambienti corrispondenti posti in posizione sopraelevata, formanti il vero e proprio ninfeo.
La copertura della loggia, ora crollata, doveva essere a cupola nella campata centrale e a crociera nelle campate laterali.
Le arcate della facciata poggiano su massicci pilastri con un ordine gigante di semicolonne sul fronte e inquadrano prospetticamente le retrostanti tre serliane, che a loro volta si aprono sugli spazi dell'ambiente absidato interno.
L’intera costruzione è caratterizzata dall’ordine tuscanico declinato in cinque diverse proporzioni, coordinate tra loro: le semicolonne giganti della facciata, le paraste che sorreggono gli archi d'imposta delle volte, le colonne e le paraste delle serliane, le lesene maggiori e minori delle esedre.
Gli elementi costitutivi dell'ordine, cioè pilastri, colonne, trabeazioni, cornici, e della decorazione, come le conchiglie nelle nicchie, realizzati in tufo e in travertino, staccavano cromaticamente sull'intonaco dei campi murari.
Nei primi due decenni del XVI secolo gli ordini tuscanico e dorico erano adottati nei progetti di edifici extraurbani e militari. Il cosiddetto Ninfeo di Genazzano rappresenta certamente uno dei tentativi più riusciti e colti di riproporre l'ordine tuscanico e realizzarne una moderna restituzione architettonica.
Con certezza l'edificio non fu costruito in un'unica fase, come attestano numerose discordanze architettoniche rilevate dai diversi studiosi. Alla prima fase della fabbrica appartiene il corpo centrale, costituito dal loggiato e dall'ambiente absidato, organismo omogeneo progettato secondo una regola geometrica esatta. Alla seconda fase della fabbrica appartengono i due corpi laterali, caratterizzati dalle finestre bugnate in travertino; le loro proporzioni esulano, infatti, dal modulo che governa il corpo centrale. L'aggiunta del corpo laterale sul fianco sud comportò l'apertura di un portale architravato che sostituì l'absidiola centrale.
Il punto di vista prospetticamente privilegiato del teatrale frons scenae è individuabile in un punto sul fondo della valletta antistante, ma esistono diversi artifici escogitati dall'architetto per ovviare agli effetti ottici del punto di osservazione frontale e dal basso e fare apparire illusionisticamente le serliane su un piano allontanato in profondità più di quanto non lo siano nella realtà.
L'edificio forse non fu mai terminato come dimostrano le buche pontali mai chiuse, l'assenza di fuliggine nella canna fumaria del forno e altri indizi. La fabbrica potrebbe essersi interrotta per danni sopravvenuti, già in fase di edificazione, a causa del suolo argilloso e dell'azione erosiva del corso d'acqua (il "Fossato") che lo lambiva.
Vicende politiche e familiari ne determinarono l'abbandono: solo nel 1532, con Ascanio Colonna , si trovano notizie archivistiche che riguardano alcuni lavori. Dal 1540 lo stato feudale di Ascanio precipitò in una grave crisi politica ed economica e i suoi possedimenti nel Lazio furono confiscati dai papi per due volte. Il figlio Marcantonio ereditò una situazione finanziaria disastrosa e fu costretto ad amministrare il proprio patrimonio con rigore e parsimonia tanto che nel 1558 il giardino fu trasformato in orti concessi in enfiteusi dietro pagamento di canone annuo. Lo stesso Ninfeo fu affittato come rimessa di bestiame vaccino e tale restò fino al XVIII secolo.
Ai problemi strutturali si aggiunsero certamente gli effetti del terremoto del 1703, probabilmente causa del cedimento del pilastro a nord e della caduta delle volte. I documenti riferiscono che il pavimento restò ingombro di gran quantità di cementi crollati.
L'aspetto dell'edificio richiama la tipologia di taluni ambienti termali antichi, quali le Terme di Diocleziano, e anche lo schema di quel che restava della basilica di Massenzio, tanto che tra Seicento e Settecento si venne formando l'idea che si trattasse di un edificio termale antico ("Bagni di Antonino Pio"). Solo a fine Ottocento fu riconosciuto da Giuseppe Tomassetti come opera di età rinascimentale. Giovannoni, nel Novecento, lo giudicò opera di scuola bramantesca. Più recentemente Frommel e Bruschi hanno attribuito con convinzione la progettazione a Bramante stesso.
Caratteristico dell'edificio è l'elemento stilistico delle serliane con archi concentrici e cinque oculi, poste tra la loggia e l'ambiente più interno. Il motivo degli archi con oculi appare tipicamente bramantesco . Tale elemento è adottato anche nella chiesa di S. Maria Maddalena nella vicina Capranica Prenestina, edificio completato nel 1520. Anche il motivo della serliana è introdotto a Roma da Bramante e ripreso più volte da Raffaello. In base alle chiarissime somiglianze con la loggia della Villa Madama di Raffaello, Frommel ritiene che il Ninfeo di Genazzano ne costituisca il modello e l'antecedente.
Quanto al committente gli studiosi hanno finora fatto riferimento al cardinale Pompeo Colonna. In realtà il cardinale Pompeo non ha mai avuto a che fare con Genazzano, appartenendo a un altro ramo in cui si articolava la grande famiglia baronale. Le sue corti e le sue proprietà erano a Roma e a Montefortino (Artena).
Escludendo con certezza la committenza da parte del cardinale Pompeo, viene anche la delimitazione cronologica ipotizzata nel periodo 1508-1511. L'ideazione del complesso può essere attribuita a Prospero, capitano d'armi, o al fratello cardinale Giovanni, noto umanista, signori di Genazzano dopo il 1481. Per la datazione si possono prendere come riferimento le indicazioni di Bruschi che avvicina temporalmente il Ninfeo alle realizzazioni in Vaticano del cortile del Belvedere (1503-04) e del coro di S. Pietro (1505-06).
La seconda fase di costruzione potrebbe essere anche attribuita a Vespasiano, figlio di Prospero. Nel 1520 la moglie Beatrice Appiano acquistò due terreni nella zona del Ninfeo: si può quindi pensare che a questa data si stesse ancora lavorando alla realizzazione del giardino circostante.
Fonte: http://www.turismoqr.it/genazzano/10.html
Laghetto di San Benedetto

Il laghetto di San Benedetto, nel quale si tuffa il fiume Aniene con una pittoresca cascata, è uno dei luoghi più belli e suggestivi dei Monti Simbruini, una meta classica in estate per i sublacensi in cerca di refrigerio, ma non solo; un luogo assolutamente da vedere.
il piccolo specchio d’acqua, racchiuso da un alto anfiteatro di rocce calcaree, si trova a valle del noto monastero benedettino da cui prende il nome e nonostante si raggiunga con una breve e piacevole passeggiata ha tutte le sembianze di un vero e proprio paradiso segreto, lontano da tutto e tutti.
L’itinerario ha inizio dall’ampio piazzale con annessa area pic-nic che si raggiunge in breve prendendo la strada asfaltata secondaria che scende sulla destra subito oltre i ruderi della villa di Nerone, procedendo da Subiaco in direzione dei monasteri benedettini e Jenne.
Di recente, grazie all’opera del personale del Parco, è stato ripristinato il breve sentiero d’accesso (denominato Sentiero Turistico ST2) che a seguito delle avverse condizioni meteorologiche del Febbraio 2012 risultava completamente inagibile ed ostruito dai tanti alberi rovinati a terra sotto il peso della neve.
il piccolo specchio d’acqua, racchiuso da un alto anfiteatro di rocce calcaree, si trova a valle del noto monastero benedettino da cui prende il nome e nonostante si raggiunga con una breve e piacevole passeggiata ha tutte le sembianze di un vero e proprio paradiso segreto, lontano da tutto e tutti.
L’itinerario ha inizio dall’ampio piazzale con annessa area pic-nic che si raggiunge in breve prendendo la strada asfaltata secondaria che scende sulla destra subito oltre i ruderi della villa di Nerone, procedendo da Subiaco in direzione dei monasteri benedettini e Jenne.
Di recente, grazie all’opera del personale del Parco, è stato ripristinato il breve sentiero d’accesso (denominato Sentiero Turistico ST2) che a seguito delle avverse condizioni meteorologiche del Febbraio 2012 risultava completamente inagibile ed ostruito dai tanti alberi rovinati a terra sotto il peso della neve.
Monte Scalambra

Un territorio cosi ricco di montagne come il frusinate si presta molto bene alla pratica del volo libero, del parapendio e del deltaplano. Famoso Da Serrone si raggiunge Monte Scalambra a 700 metri di altezza dove si trova la pedana per il decollo. Qui si sfruttano le colonne di aria calda che si innalzano da varie zone e quindi hanno temperature diverse. Se si è fortunati e si prende la corrente giusta, si riesce a superare anche la cima di Monte Scalambra e ad abbracciare con lo sguardo il panorama su tutta la catena degli Ernici. L’atterraggio si trova in località La Forma sempre nel comune di Serrone.
Fonte: https://www.ciociariaturismo.it/it/cosa-fare/sport-e-tempo-libero/volare/16204-monte-scalambra-serrone.html
Fonte: https://www.ciociariaturismo.it/it/cosa-fare/sport-e-tempo-libero/volare/16204-monte-scalambra-serrone.html