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Questo sito è stato realizzato dai ragazzi del Servizio Civile 2019-2020

STORIA DEL 
NOSTRO PAESINO

Picture

LE ORIGINI DEL NOME.
La controversia sull’origine del nome Olevano è antica e ancora irrisolta.  C'è chi l'attribuisce alla rigogliosa presenza degli olivi in queste zone, essa  potrebbe derivare dal latino "olīvum" (Olivo).  Sullo Stemma comunale è rappresentato, infatti, proprio un olivo.  Secondo alcuni potrebbe derivare dal nome di persona Leonia, mentre la specifica "romano" è identificativa della zona.  Altri studiosi fanno riferimento alla famiglia degli Olibria, tra le più antiche di Roma, la stessa che introdusse ad Olevano il culto a Santa Margherita. Fu infatti un appartenente a questa stirpe a macchiarsi della decapitazione della giovane, la quale rifiutò di disconoscere la sua fede per sposarlo. Un’ipotesi più accreditata fa invece provenire il nome da Olibanum, voce latina per “incenso”, modo comune col quale nell’Alto Medioevo si identificavano quei fondi assegnati alla Chiesa per provvedere alle spese dell’incenso.

Fonti: Sito Web “Città del Vino Associazione Nazionale”. Guida alla Visita di Olevano Romano, 2^ed. 2015.


LE ORIGINI DI OLEVANO: GLI EQUI E IL PROCESSO DI ROMANIZZAZIONE.
Olevano Romano è un centro di quasi 7.000 abitanti in provincia di Roma, ad una sessantina di chilometri dalla capitale, topograficamente situato fra Palestrina, Subiaco ed Anagni.  Le sue origini, come abitato, sono incerte, ma le mura ciclopiche presenti nel territorio, per gli studiosi "poligonali di smisurata grandezza e composte in maniera rozzissima senza niuno adoperamento dello scalpello" e coeve a quelle di paesi limitrofi come Bellegra e Roiate, risalirebbero al V-IV secolo a.C.. Questo lasso temporale coincide con la comparsa nella storia da parte degli Equi, popolazione stanziata fra il Cicolano (RI), l’alta valle dell’Aniene e la conca del Fucino (AQ).  Gli Equi erano soliti scendere verso sud per attaccare Roma. Non potevano certo passare da Nord dove si sarebbero subito fermati a ridosso di Tivoli, già sottomessa a Roma e suo presidio militare, per questo penetravano nella pianura romana passando da Sud, attraverso il territorio di Bellegra, Roiate ed Olevano, fra l’Aniene e il Sacco. In base a queste manovre si è ipotizzato che gli Equi potessero aver avuto il controllo di questa zona.  Prediligendo le alture e ricavando dalla morfologia del territorio una naturale barriera inespugnabile, essi svilupparono una rete di insediamenti dotata di sistemi di segnalazione a vista detti oppida Esaurita la loro spinta, si sarebbero attrezzati in difesa, in luoghi ad una certa altitudine, con mura più o meno poderose come quelle di Olevano. La loro organizzazione difensiva fu tuttavia spezzata dai Romani alla fine della seconda guerra sannitica, quando il console Publio Sempronio Sofo, nel 304 a.C., li sottomise definitivamente. Il territorio Equo, e quindi il sito di Olevano, fu incorporato nello Stato romano e assegnato a coloni provenienti dalla plebe urbana di Roma: la tribù Aniensis. Nello Stato romano in continua espansione, zone come quella di Olevano non avevano rilevanza o particolari caratteristiche strategiche perciò il centro andò pressoché spopolandosi sino a ridursi ad un piccolo borgo agricolo: si trattava di piccoli insediamenti, facenti capo a ville rustiche, fattorie di grossi proprietari terrieri o del fisco imperiale. Lo testimoniano ancora oggi i nomi delle contrade: Pretore, Villa Maina, Culiano, le quali potrebbero serbare memoria dei piccoli borghi rurali dove la popolazione si rifugiò per ragioni di sicurezza alla fine del Mondo Antico e che poi, nel corso dell’Alto Medioevo, diede di nuovo vita all’antico centro, già fortificato, ribattezzandolo Olevano.   

Fonti: Guida alla visita di Olevano Romano, 2^ ed. 2015. Dallo studio dello storico d'arte Alessandro Maria Noè De Matti, socio ordinario dell’Associazione culturale J@M - Juice of Arts & Music. Sergio De Giusti, Le orme del popolo equo, Club Alpino Italiano, Sezione di Palestrina, 2019.

IL BUSTO DI ATTIS E L'ERMA DI APOLLO.
Il Busto di Attis e l’Erma di Apollo risalenti al II sec. d.C., sono stati ritrovati in località Lanetto, durante la costruzione del metanodotto, nei primi anni ‘80. Il culto di Attis, mitico figlio e sacerdote della dea Cibele, in origine presente soltanto in Frigia (Asia Minore), si diffuse prima in Grecia, per poi espandersi nel 204 a.C. anche a Roma. Ucciso dalla madre, Attis diventa il simbolo del ciclo continuo di vita e morte; reinterpretato e fatto proprio dalla cultura contadina; esso viene associato al ciclo delle fasi naturali della vegetazione. Il busto marmoreo, alto circa 90 cm, si caratterizza per il particolare berretto frigio e la fluente capigliatura che si allunga fino al collo e copre le spalle, avvolte in un mantello. Le Erme in origine erano delle colonne quadrate alla cui sommità veniva posta la testa di Hermes, Mercurio, divinità feconda e protettrice dei viaggiatori, collocate nelle piazze ed in genere nei luoghi pubblici. Esse persero nel tempo la loro funzione sacra e divennero elementi d’ornamento per le dimore private. L’Erma di Apollo rinvenuta ad Olevano presenta il retro piatto, benchè originariamente bifronte, probabilmente completata con una seconda testa identificabile con Hermes, in quanto le due divinità venivano spesso associate nella raffigurazione. L’ipotesi è stata avvalorata dal ritrovamento nello Stadio Panatenaico di Atene, di Erme raffiguranti da un lato Apollo, della stessa tipologia di quello olevanese, e dall’altro Hermes. Di rilievo storico sono tra l’altro le iscrizioni provenienti dalla vicina località di Villa Magna, che menzionano un Phosphorus, liberto di Augusto, e Tiberio Claudio Liviano, prefetto del pretorio durante l’impero di Traiano. Questi, e molti altri reperti, testimoniano come tali zone, per la loro piacevolezza climatica resa ancora più attraente dall’abbondanza di acqua, fossero probabili luoghi di villeggiatura.

Fonte: Guida alla visita di Olevano Romano, 2^ ed. 2015.

LA SUA STORIA MEDIEVALE, MODERNA E CONTEMPORANEA.
Prima di diventare feudo Olevano apparteneva al monastero benedettino di Subiaco; risulta infatti tra i territori donati dal senatore romano Tertullo, che li acquisì dalla famiglia Olibria. Nel periodo medioevale si verificò un graduale ritorno all’impianto della preesistente arce, edificata dagli Equi per scopi difensivi. Il "fundum" di Olevano fu acquistato dai Colonna nella metà del XIII secolo. In un atto di vendita del 1232 è indicato Oddone Colonna come dominus Olibani e per la prima volta viene riportata l’indicazione di "castrum" che lo designa come luogo fortificato.  Le vicende della famiglia Colonna si caratterizzarono per le lunghe lotte tra papato ed impero. Nonostante ad alcuni membri della famiglia vennero attribuiti titoli ecclesiastici, fino all’elezione nel 1417 di Oddone come papa Martino V, i Colonna furono spesso avversi alla politica della chiesa, arrivando a schierarsi con Carlo V e a prendere parte al sacco di Roma. Sconosciute le ragioni per le quali agli inizi del 1300, Olevano venne ceduto al Comune di Roma, anche se i Colonna continuarono a conservarvi cospicui beni. Nel 1400 un ulteriore passaggio di giurisdizione designò gli Orsini come vicari i quali tennero questa carica per circa nove anni. Nel 1614 Olevano fu venduto al Cardinale Scipione Borghese, mantenendo fino all’avvento della famiglia Vannutelli, la sua attribuzione di possedimento signorile. Continuava quindi una forma di feudalità minore che traeva dal territorio le risorse finanziarie per sostenere la dispendiosa vita urbana, e quant’altro competesse alla gestione nobiliare, attraverso la pratica delle corrisposte sui terreni coltivati.  Da una stirpe guerriera come i Colonna, a quella pacifica dei Borghese, Olevano visse con "tranquillità" i secoli XVII e XVIII sino all’invasione francese del 1798, dopo di che nel 1839 moriva Francesco Borghese-Aldobrandini ultimo signore di Olevano. La situazione politica degli anni che seguono, tenendo conto dei moti rivoluzionari e delle guerre d’indipendenza, è incerta, ma Olevano come altri paesi faceva ancora parte dello Stato Pontificio, ormai ridotto al solo Lazio.  Fu solamente dopo la presa di Roma del 1870 che Olevano divenne un comune della Repubblica italiana.  A partire dalla fine dell’800 si sviluppò un movimento contadino di rivendicazione degli usi civici, che aveva come obiettivo l’appropriazione e la divisione della Selva Bagnaia, avvenuta nei primi decenni del ‘900. La II Guerra Mondiale tra il 1943 e 1944 ha portato ad Olevano bombardamenti, guerra partigiana ed eccidi nazisti. La città ed i cittadini di Olevano si sono distinti ospitando centinaia di ebrei romani durante l’occupazione nazista di Roma, essendo per questo annoverati tra i Giusti delle Nazioni a Gerusalemme (famiglia Agapito ed Assunta Milana) e presso il costituendo museo della Shoah a Roma.

Fonti: Guida alla visita di Olevano Romano, 2^ ed. 2015. Dallo studio dello storico d'arte Alessandro Maria Noè De Matti, socio ordinario dell’Associazione  culturale J@M - Juice of Arts & Music.

LO STEMMA: SIMBOLO DI OLEVANO.
Lo stemma del Municipio è costituito da tre piccole colline, su quella centrale si innalza una pianta d'ulivo. Lo scudo reca il segno di SPQR (Senatus Popolusque Romanus), accordato dal Senato della Repubblica Romana e la corona. Olevano fu autorizzato a fregiarsi della nobile sigla per la devozione dimostrata verso il popolo romano negli anni in cui il paese fu soggetto a Roma (1322 - 1400). E' opinione che lo stemma nei suoi tre monti rappresenti Olevano e i due borghi Belvedere e Pusano, appartenenti agli Olevanesi e ancora esistenti in quel tempo. Quanto all'ulivo era allora la pianta regina delle sue colline e lo è, in parte, tuttora. E' ignoto l'anno della concessione dello stemma, ma certamente avvenne nei primi anni del dominio romano. Per quel che riguarda la sigla SPQR, i Romani tornarono ai scriverla sui pavesi rossi della milizia cittadina, posta a custodia e difesa del Campidoglio, sin dal 1285 e gli Olevanesi furono fedeli soldati di Roma al tempo della Seconda Repubblica. Dalla loro fedeltà, dunque, tale onore.

Fonte: Sito Istituzionale del Comune di Olevano Romano.

APPROFONDIMENTO CULTURALE SULLO STEMMA DI OLEVANO.
Lo stemma in metallo del Comune di Olevano Romano, affisso nell’Aula Consiliare, ha una qualità specifica che lo rende un’opera artigianale di elevata manifattura. Questa sua peculiarità gli è data da chi lo ha realizzato nel lontano 1965, cioè la bottega artigianale dei fratelli Mortet, cesellatori in Roma dal 1890.  E’ doveroso ricordare che lo stemma fu un dono, al Comune di Olevano Romano, del sig. Vilheim Zoega Bang, come palesa la targa nella parte posteriore dello stesso. Ispirato dalla tradizione dell’ottocento danese ad Olevano Romano, il pittore William Zoëga (1917-1989) si stabilì in questo luogo 50 anni fa e seguendo il suo esempio, molti Scandinavi hanno acquistato o preso in affitto abitazioni del paese. Ciò ha prodotto un "risveglio" nell'arte danese portando avanti quella tradizione storica che continua dentro il XXI sec.

Fonte: Sito Istituzionale del Comune di Olevano Romano.

GLI STATUTA OLIBANI.
Quale fonte più qualificata e più attendibile con tutti i crismi degli atti pubblici, si poteva analizzare se non gli Statuta di Olevano Romano? Essi rappresentano l’espressione completa di questa comunità in tutti i suoi aspetti, per il periodo cui si riferiscono. Da essi è possibile dedurre moltissime informazioni, dal ritratto della vita giornaliera pubblica e privata, alla descrizione delle diverse attività lavorative. Le mura ed i paesaggi medievali, infatti, non avrebbero avuto un senso completo se i loro creatori non si fossero nel contempo dedicati ad un’attività normativa imponente, di difficile rintracciabilità persino in epoche più recenti. Nel 1364, sotto il pontificato di Urbano V, anche la comunità olevanese con l’emanazione degli Statuta Olibani, che saranno riformati nel 1430 e nel 1581, seppe dotarsi di una prima dimensione legislativa.  Essi nacquero in un periodo di profonda crisi del papato e dell’Impero, le due massime istituzioni medievali. Il Codice, scritto su fogli di pergamena e rilegato in pelle, si trova, in buono stato di conservazione, nella cassaforte del Comune di Olevano Romano.  I 140 capitoli di cui la raccolta si compone sono un corpo di leggi che in un unico patto caparbiamente lega tutti gli aspetti della vita pubblica, pervenendo altresì ad una tacita regolazione del particulare privato: norme giuridiche di diritto civile, di diritto penale, di diritto amministrativo e di regolamentazione urbana intervengono a rendere più giusto e chiaro il modus vivendi del cittadino del tempo. Nel suo primo capitolo di essi, è riportata la richiesta di concessione, traspare il clima di incertezza e precarietà che regnava nello Stato della Chiesa. Si dice, infatti, che gli Statuti venivano concessi perché gli uomini di Olevano non fossero più vessati indebilmente contro la legge e la giustizia, non fossero limitati nei loro diritti e fossero ben governati ed ancora per far cessare ogni ambiguità giuridica ed infine perché gli uomini potessere fedelmente e con devozione, riverenza ed affetto, ubbidire al popolo romano. Il Codice ha un enorme e profondo valore per la modernità e il livello di democraticità che esso raggiunge rispetto ad altre raccolte statutarie dell’epoca. Basti pensare, ad esempio, che in caso di adulterio il nostro Statuto prevedeva una semplice pena pecuniaria, invece dell’arbitrio assoluto che il diritto romano concedeva al marito offeso. Oppure, in materia di successione feudale: se lo “statutum” Olibani non prevedeva limiti, quello di Genazzano ammetteva come eredi solo i figli, i fratelli e i nipoti di ambo i sessi del defunto. Per la riparazione di strade, fonti e ponti, poi, le spese erano, a Genazzano, a carico della comunità, a Olevano, metà a carico della Curia, un quarto a carico dei “Pedites”, un sesto spettava ai nobiles ed un dodicesimo alla Chiesa. Ma la cosa più sorprendente (e più moderna) è nella pena sancita in caso di stupro: esso veniva punito con il taglio della testa, come nei casi di omicidio volontario, veneficio o rapina in strada, sebbene vi fosse sempre la scappatoia del perdono dei congiunti della vittima. Le altre pene erano tutte di tipo pecuniario; non era prevista la fustigazione in piazza o altre pene crudeli come il taglio di mano o della lingua. Chi invece confessava spontaneamente un reato aveva uno sconto della pena di un quarto. Il Codice, dunque, era volto di più a colpire i beni patrimoniali, mobili e immobili, che non a coinvolgere il condannato in un processo di rieducazione e reinserimento nella società. Se un’immediata chiave di lettura della storia locale può essere rinvenuta nell’assetto delle strade, nella forma delle piazze e, più in generale, nel verso operoso di una vanga presente in ogni casa del borgo, senza dubbio gli Statuta rappresentano la sintesi sublime di quell’unità, anche ideale, che fu poi la linfa creativa per il futuro sviluppo di Olevano.

​Fonte: Guida alla visita di Olevano Romano, 2 ed^ 2015. Alessandro Fei, Statuta Olibani, Il Comune rustico di Olevano Romano nella seconda metà del XIV secolo, Archeoclub d’Italia, Sede di Olevano Romano, pp. 7, 15 , 16, 100. Sito Web “Dies in Castro Olibani”.


Note storiche

Le Origini del Nome

La controversia sull’origine del nome Olevano è antica e ancora irrisolta. 
C'è chi l'attribuisce alla rigogliosa presenza degli olivi in queste zone, essa 
potrebbe derivare dal latino "olīvum" (Olivo). 
Sullo Stemma comunale è rappresentato, infatti, proprio un olivo. 
Secondo alcuni potrebbe derivare dal nome di persona Leonia, mentre la specifica "romano" è identificativa della zona. 
Altri studiosi fanno riferimento alla famiglia degli Olibria, tra le più antiche di Roma, la stessa che introdusse ad Olevano il culto a Santa Margherita. Fu infatti un appartenente a questa stirpe a macchiarsi della decapitazione della giovane, la quale rifiutò di disconoscere la sua fede per sposarlo. Un’ipotesi più accreditata fa invece provenire il nome da Olibanum, voce latina per “incenso”, modo comune col quale nell’Alto Medioevo si identificavano quei fondi assegnati alla Chiesa per provvedere alle spese dell’incenso.
Fonti: Sito Web “
Città del Vino Associazione Nazionale”. Guida alla Visita di Olevano Romano, 2^ed. 2015.

Le Origini di Olevano: Gli Equi e il processo di Romanizzazione

Olevano Romano è un centro di quasi 7.000 abitanti in provincia di Roma, ad una sessantina di chilometri dalla capitale, topograficamente situato fra Palestrina, Subiaco ed Anagni. 
Le sue origini, come abitato, sono incerte, ma le mura ciclopiche presenti nel territorio, per gli studiosi "poligonali"  e coeve a quelle di paesi limitrofi come Bellegra e Roiate, risalirebbero al V-IV secolo a.C.. Questo lasso temporale coincide con la comparsa nella storia da parte degli Equi, popolazione stanziata fra il Cicolano (RI), l’alta valle dell’Aniene e la conca del Fucino (AQ). 
Gli Equi erano soliti scendere verso sud per attaccare Roma. Non potevano certo passare da Nord dove si sarebbero subito fermati a ridosso di Tivoli, già sottomessa a Roma e suo presidio militare, per questo penetravano nella pianura romana passando da Sud, attraverso il territorio di Bellegra, Roiate ed Olevano, fra l’Aniene e il Sacco. In base a queste manovre si è ipotizzato che gli Equi potessero aver avuto il controllo di questa zona. 
Prediligendo le alture e ricavando dalla morfologia del territorio una naturale barriera inespugnabile, essi svilupparono una rete di insediamenti dotata di sistemi di segnalazione a vista detti oppida
Esaurita la loro spinta, si sarebbero attrezzati in difesa, in luoghi ad una certa altitudine, con mura più o meno poderose come quelle di Olevano. La loro organizzazione difensiva fu tuttavia spezzata dai Romani alla fine della seconda guerra sannitica, quando il console Publio Sempronio Sofo, nel 304 a.C., li sottomise definitivamente.
Il territorio Equo, e quindi il sito di Olevano, fu incorporato nello Stato romano e assegnato a coloni provenienti dalla plebe urbana di Roma: la tribù Aniensis.
Nello Stato romano in continua espansione, zone come quella di Olevano non avevano rilevanza o particolari caratteristiche strategiche perciò il centro andò pressoché spopolandosi sino a ridursi ad un piccolo borgo agricolo: si trattava di piccoli insediamenti, facenti capo a ville rustiche, fattorie di grossi proprietari terrieri o del fisco imperiale. Lo testimoniano ancora oggi i nomi delle contrade: Pretore, Villa Maina, Culiano, le quali potrebbero serbare memoria dei piccoli borghi rurali dove la popolazione si rifugiò per ragioni di sicurezza alla fine del Mondo Antico e che poi, nel corso dell’Alto Medioevo, diede di nuovo vita all’antico centro, già fortificato, ribattezzandolo Olevano. 
Fonti:
Guida alla visita di Olevano Romano, 2^ ed. 2015. Dallo studio dello storico d'arte Alessandro Maria Noè De Matti, socio ordinario dell’Associazione culturale J@M - Juice of Arts & Music. Sergio De Giusti, Le orme del popolo equo, 2019.

Il Busto di Attis e l'Erma di Apollo

Picturefonte foto Busto di Attis (Foto G. Pistelli)
Il Busto di Attis e l’Erma di Apollo risalenti al II sec. d.C., sono stati ritrovati in località Lanetto, durante la costruzione del metanodotto, nei primi anni ‘80. Il culto di Attis, mitico figlio e sacerdote della dea Cibele, in origine presente soltanto in Frigia (Asia Minore), si diffuse prima in Grecia, per poi espandersi nel 204 a.C. anche a Roma. Ucciso dalla madre, Attis diventa il simbolo del ciclo continuo di vita e morte; reinterpretato e fatto proprio dalla cultura contadina; esso viene associato al ciclo delle fasi naturali della vegetazione. Il busto marmoreo, alto circa 90 cm, si caratterizza per il particolare berretto frigio e la fluente capigliatura che si allunga fino al collo e copre le spalle, avvolte in un mantello. Le Erme in origine erano delle colonne quadrate alla cui sommità veniva posta la testa di Hermes, Mercurio, divinità feconda e protettrice dei viaggiatori, collocate nelle piazze ed in genere nei luoghi pubblici. Esse persero nel tempo la loro funzione sacra e divennero elementi d’ornamento per le dimore private. L’Erma di Apollo rinvenuta ad Olevano presenta il retro piatto, benchè originariamente bifronte, probabilmente completata con una seconda testa identificabile con Hermes, in quanto le due divinità venivano spesso associate nella raffigurazione. L’ipotesi è stata avvalorata dal ritrovamento nello Stadio Panatenaico di Atene, di Erme raffiguranti da un lato Apollo, della stessa tipologia di quello olevanese, e dall’altro Hermes. Di rilievo storico sono tra l’altro le iscrizioni provenienti dalla vicina località di Villa Magna, che menzionano un Phosphorus, liberto di Augusto, e Tiberio Claudio Liviano, prefetto del pretorio durante l’impero di Traiano. Questi, e molti altri reperti, testimoniano come tali zone, per la loro piacevolezza climatica resa ancora più attraente dall’abbondanza di acqua, fossero probabili luoghi di villeggiatura.
Fonte: Guida alla visita di Olevano Romano, 2^ ed. 2015.

La sua Storia Medievale,Moderna e Contemporanea

Picturefonte foto Erma di Apollo (Foto G. Pistelli)
Prima di diventare feudo Olevano apparteneva al monastero benedettino di Subiaco; risulta infatti tra i territori donati dal senatore romano Tertullo, che li acquisì dalla famiglia Olibria.
Nel periodo medioevale si verificò un graduale ritorno all’impianto della preesistente arce, edificata dagli Equi per scopi difensivi.
Il "fundum" di Olevano fu acquistato dai Colonna nella metà del XIII secolo. In un atto di vendita del 1232 è indicato Oddone Colonna come dominus Olibani e per la prima volta viene riportata l’indicazione di "castrum" che lo designa come luogo fortificato. 

Le vicende della famiglia Colonna si caratterizzarono per le lunghe lotte tra papato ed impero. Nonostante ad alcuni membri della famiglia vennero attribuiti titoli ecclesiastici, fino all’elezione nel 1417 di Oddone come papa Martino V, i Colonna furono spesso avversi alla politica della chiesa, arrivando a schierarsi con Carlo V e a prendere parte al sacco di Roma.
​Sconosciute le ragioni per le quali agli inizi del 1300, Olevano venne ceduto al Comune di Roma, anche se i Colonna continuarono a conservarvi cospicui beni. Nel 1400 un ulteriore passaggio di giurisdizione designò gli Orsini come vicari i quali tennero questa carica per circa nove anni. Nel 1614 Olevano fu venduto al Cardinale Scipione Borghese, mantenendo fino all’avvento della famiglia Vannutelli, la sua attribuzione di possedimento signorile. Continuava quindi una forma di feudalità minore che traeva dal territorio le risorse finanziarie per sostenere la dispendiosa vita urbana, e quant’altro competesse alla gestione nobiliare, attraverso la pratica delle corrisposte sui terreni coltivati. 

Da una stirpe guerriera come i Colonna, a quella pacifica dei Borghese, Olevano visse con "tranquillità" i secoli XVII e XVIII sino all’invasione francese del 1798, dopo di che nel 1839 moriva Francesco Borghese-Aldobrandini ultimo signore di Olevano. La situazione politica degli anni che seguono, tenendo conto dei moti rivoluzionari e delle guerre d’indipendenza, è incerta, ma Olevano come altri paesi faceva ancora parte dello Stato Pontificio, ormai ridotto al solo Lazio. 
Fu solamente dopo la presa di Roma del 1870 che Olevano divenne un comune della Repubblica italiana. 
A partire dalla fine dell’800 si sviluppò un movimento contadino di rivendicazione degli usi civici, che aveva come obiettivo l’appropriazione e la divisione della Selva Bagnaia, avvenuta nei primi decenni del ‘900.
La II Guerra Mondiale tra il 1943 e 1944 ha portato ad Olevano bombardamenti, guerra partigiana ed eccidi nazisti.
La città ed i cittadini di Olevano si sono distinti ospitando centinaia di ebrei romani durante l’occupazione nazista di Roma, essendo per questo annoverati tra i Giusti delle Nazioni a Gerusalemme (famiglia Agapito ed Assunta Milana) e presso il costituendo museo della Shoah a Roma.

Fonti: Guida alla visita di Olevano Romano, 2^ ed. 2015. Dallo studio dello storico d'arte Alessandro Maria Noè De Matti, socio ordinario dell’Associazione  culturale J@M - Juice of Arts & Music.

Lo Stemma: Simbolo di Olevano

Picture
Lo stemma del Municipio è costituito da tre piccole colline, su quella centrale si innalza una pianta d'ulivo. Lo scudo reca il segno di SPQR (Senatus Popolusque Romanus), accordato dal Senato della Repubblica Romana e la corona.
Olevano fu autorizzato a fregiarsi della nobile sigla per la devozione dimostrata verso il popolo romano negli anni in cui il paese fu soggetto a Roma (1322 - 1400).
E' opinione che lo stemma nei suoi tre monti rappresenti Olevano e i due borghi Belvedere e Pusano, appartenenti agli Olevanesi e ancora esistenti in quel tempo.

Quanto all'ulivo era allora la pianta regina delle sue colline e lo è, in parte, tuttora.
E' ignoto l'anno della concessione dello stemma, ma certamente avvenne nei primi anni del dominio romano.
​Per quel che riguarda la sigla SPQR, i Romani tornarono ai scriverla sui pavesi rossi della milizia cittadina, posta a custodia e difesa del Campidoglio, sin dal 1285 e gli Olevanesi furono fedeli soldati di Roma al tempo della Seconda Repubblica. Dalla loro fedeltà, dunque, tale onore.
Fonte:
Sito Istituzionale del Comune di Olevano Romano

Approfondimento Culturale sullo Stemma di Olevano

Lo stemma in metallo del Comune di Olevano Romano, affisso nell’Aula Consiliare, ha una qualità specifica che lo rende un’opera artigianale di elevata manifattura.
​Questa sua peculiarità gli è data da chi lo ha realizzato nel lontano 1965, cioè la bottega artigianale dei fratelli Mortet, cesellatori in Roma dal 1890. 

E’ doveroso ricordare che lo stemma fu un dono, al Comune di Olevano Romano, del sig. Vilheim Zoega Bang, come palesa la targa nella parte posteriore dello stesso.
Ispirato dalla tradizione dell’ottocento danese ad Olevano Romano, il pittore William Zoëga (1917-1989) si stabilì in questo luogo 50 anni fa e seguendo il suo esempio, molti Scandinavi hanno acquistato o preso in affitto abitazioni del paese. Ciò ha prodotto un "risveglio" nell'arte danese portando avanti quella tradizione storica che continua dentro il XXI sec.
Fonte: Sito Istituzionale del Comune di Olevano Romano.

Gil Statuta Olibani

Picturefonte foto Statuta Olibani (Foto G. Pistelli)
Quale fonte più qualificata e più attendibile con tutti i crismi degli atti pubblici, si poteva analizzare se non gli Statuta di Olevano Romano?
Essi rappresentano l’espressione completa di questa comunità in tutti i suoi aspetti, per il periodo cui si riferiscono.
Da essi è possibile dedurre moltissime informazioni, dal ritratto della vita giornaliera pubblica e privata, alla descrizione delle diverse attività lavorative.
Le mura ed i paesaggi medievali, infatti, non avrebbero avuto un senso completo se i loro creatori non si fossero nel contempo dedicati ad un’attività normativa imponente, di difficile rintracciabilità persino in epoche più recenti. Nel 1364, sotto il pontificato di Urbano V, anche la comunità olevanese con l’emanazione degli Statuta Olibani, che saranno riformati nel 1430 e nel 1581, seppe dotarsi di una prima dimensione legislativa. 
Essi nacquero in un periodo di profonda crisi del papato e dell’Impero, le due massime istituzioni medievali.
Il Codice, scritto su fogli di pergamena e rilegato in pelle, si trova, in buono stato di conservazione, nella cassaforte del Comune di Olevano Romano. 
I 140 capitoli di cui la raccolta si compone sono un corpo di leggi che in un unico patto caparbiamente lega tutti gli aspetti della vita pubblica, pervenendo altresì ad una tacita regolazione del particulare privato: norme giuridiche di diritto civile, di diritto penale, di diritto amministrativo e di regolamentazione urbana intervengono a rendere più giusto e chiaro il modus vivendi del cittadino del tempo.
Nel suo primo capitolo di essi, è riportata la richiesta di concessione, traspare il clima di incertezza e precarietà che regnava nello Stato della Chiesa.
Si dice, infatti, che gli Statuti venivano concessi perché gli uomini di Olevano non fossero più vessati indebilmente contro la legge e la giustizia, non fossero limitati nei loro diritti e fossero ben governati ed ancora per far cessare ogni ambiguità giuridica ed infine perché gli uomini potessere fedelmente e con devozione, riverenza ed affetto, ubbidire al popolo romano.

Il Codice ha un enorme e profondo valore per la modernità e il livello di democraticità che esso raggiunge rispetto ad altre raccolte statutarie dell’epoca.
Basti pensare, ad esempio, che in caso di adulterio il nostro Statuto prevedeva una semplice pena pecuniaria, invece dell’arbitrio assoluto che il diritto romano concedeva al marito offeso.
Oppure, in materia di successione feudale: se lo “statutum” Olibani non prevedeva limiti, quello di Genazzano ammetteva come eredi solo i figli, i fratelli e i nipoti di ambo i sessi del defunto. Per la riparazione di strade, fonti e ponti, poi, le spese erano, a Genazzano, a carico della comunità, a Olevano, metà a carico della Curia, un quarto a carico dei “Pedites”, un sesto spettava ai nobiles ed un dodicesimo alla Chiesa.

Ma la cosa più sorprendente (e più moderna) è nella pena sancita in caso di stupro: esso veniva punito con il taglio della testa, come nei casi di omicidio volontario, veneficio o rapina in strada, sebbene vi fosse sempre la scappatoia del perdono dei congiunti della vittima.
Le altre pene erano tutte di tipo pecuniario; non era prevista la fustigazione in piazza o altre pene crudeli come il taglio di mano o della lingua. Chi invece confessava spontaneamente un reato aveva uno sconto della pena di un quarto.
Il Codice, dunque, era volto di più a colpire i beni patrimoniali, mobili e immobili, che non a coinvolgere il condannato in un processo di rieducazione e reinserimento nella società.
Se un’immediata chiave di lettura della storia locale può essere rinvenuta nell’assetto delle strade, nella forma delle piazze e, più in generale, nel verso operoso di una vanga presente in ogni casa del borgo, senza dubbio gli Statuta rappresentano la sintesi sublime di quell’unità, anche ideale, che fu poi la linfa creativa per il futuro sviluppo di Olevano.
Fonte: Guida alla visita di Olevano Romano, 2 ed^ 2015. Alessandro Fei, Statuta Olibani, Il Comune rustico di Olevano Romano nella seconda metà del XIV secolo, Archeoclub d’Italia, Sede di Olevano Romano, pp. 7, 15 , 16, 100. Sito Web “Dies in Castro Olibani”.

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